Prudente. Uomo che crede al 10% di ciò che sente, ad un quarto di ciò che legge e alla metà di ciò che vede.




venerdì 19 marzo 2010

La Borsa, questa sconosciuta!

Mi trovo a volte a discutere con amici e parenti del tema dell'investimento finanziario e di accorgermi con stupore di quanto terrore suscita ancora la parola "Borsa": come se "investire in Borsa" fosse sinonimo di truffe, crack, scandali e sicure perdite. E ciò è paradossale in quanto la Borsa nasce proprio per l'esigenza opposta: rendere trasparente l'attività delle società che si quotano così da permettere al risparmiatore di aver la possibilità di investirvi in modo consapevole (potendo estrapolare tramite i bilanci la situazione economica, finanziaria e patrimoniale; l'andamento trimestrale; la corporate governance; i fatti di rilievo, le decisioni, le comunicazioni e tutte attività che devono essere eseguite in forma ufficiale e pubblica) e alle aziende di ottenere fondi senza la necessità di doverli restituire, ma al prezzo di "dividere", se così possiamo dire, i profitti con gli investitori (anzichè pagare altissimi interessi alle banche e dover sottostare a scadenze predeterminate o a rinegoziazioni ancora più onerose). Evidentemente qualche colpa c'è, figlia di quel clima di diffidenza creatosi a partire dai vari crack da cui non siamo ancora riusciti a liberarci per una serie di sfortunati motivi: bassa cultura finanziaria dei risparmiatori, insufficiente analisi delle agenzie di rating, limitati poteri degli istituti di revisione, fallimento dei controlli e degli organi di vigilanza, amministratori avidi ed estremamente furbi, banche spregiudicate che non hanno avuto alcuna remora ad accollare ai clienti titoli spazzatura a ridosso dei fallimenti dopo averne approfittato per anni o che magari "consigliano al cliente solo i prodotti che a loro convengono di più in perenne e ben-celato conflitto di interessi.
Magari si continua allora ad investire in conti deposito offerti da banche di diritto straniero a cui si accede solo possedendo già un conto corrente presso un altra banca e cui molto spesso bisogna pagare delle commissioni per i bonifici (di cui quasi sicuramente non si conosce fatturato, esposizione debitoria, patrimonio ma ci fidiamo a prescindere perchè ne vediamo gli spot in televisione 16 volte al giorno); in titoli del debito pubblico che affrono un rendimento incosistente e i cui dirigenti per moralità non hanno nulla da invidiare ai vari Tanzi, Cragnotti, Madoff; in fondi di investimento per cui la legge obbliga solo a mantenere una certa proporzione tra titoli diversi ai fini della loro classificazione in bilanciati, monetari, azionari, hedge, ecc. ma che rimette sostanzialmente al gestore la scelta delle operazioni da effettuare e dei titoli su cui operare (ed è pressochè impossibile conoscere la lista dei prodotti in portafoglio); piuttosto che in un'impresa italiana che magari produce utili da dieci anni, con debito perfettamente strutturato, di cui l'andamento è visibile e trasparente (in italiano e direttamente dal sito di Borsa ).

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