Prudente. Uomo che crede al 10% di ciò che sente, ad un quarto di ciò che legge e alla metà di ciò che vede.




giovedì 1 aprile 2010

Un calcio alla crisi con i contributi pubblici per il franchising!


Un'altra diseconomia tutta nostrana è non sapere che tra le forme di contributo statale a sostegno dell' autoimpiego, uno molto simile a quello del "lavoro autonomo" (di cui al post precedente), ma forse più completo e "generoso", è previsto per il "franchising".
Senza entrare nello specifico, è bene spendere due parole su cosa sia e, se esistono, quali vantaggi comporta.
Il Franchising è una forma di collaborazione continuativa per la distribuzione di beni (o servizi), fra due o più imprenditori, che rimangono giuridicamente ed economicamente indipendenti l’uno dall'altro, ma stipulando un apposito contratto: il franchisor (il "marchio" per capirci) concede al franchisee (l'affiliato, a cui in sostanza è rivolta l'agevolazione) l'utilizzazione della propria formula commerciale, comprensiva del diritto di sfruttare il suo know-how (l'insieme delle tecniche e delle conoscenze necessarie), i propri segni distintivi (marchio, insegna, griffe, emblema, simbolo, "design", denominazione che identifica i beni o servizi offerti e li differenzia da quelli dei concorrenti) unitamente ad altre prestazioni e forme di assistenza atte a consentire al franchisee la gestione della propria attività con la medesima immagine dell'impresa franchisor. Il franchisee, per contro, si impegna a far proprie la politica commerciale e l’immagine del franchisor nell'interesse di entrambi.
In genere, con la "firma" del contratto, il franchisee si impegna a corrispondere al "marchio" una somma di denaro, calcolata in percentuale del fatturato e corrisposta periodicamente (su base settimanale, mensile, trimestrale e a fronte della quale il franchisee può usufruire di tutta una serie di prestazioni che lo supportano durante la durata del contratto: assistenza tecnica, gestionale, commerciale, ricerche di mercato, campionari, depliant, informazione, formazione periodica) ed una certa somma iniziale, comprensiva dei diritti d'ingresso e per gli investimenti (per l'allestimento dell'esercizio commerciale), secondo un pacchetto standardizzato e facilmente calcolabile secondo un dato rapporto costo/metro quadro.
Si entra, in questo modo, "correndo sul mercato" riuscendo a raggiungere in pochissimo tempo lo standard degli altri affiliati offrendo ai consumatori la stessa qualità già riscontrata e collaudata. Dunque, anche di rapida accettazione, in quanto il cliente avrà l'impressione di aver sempre avuto a che fare con quell'ambiente.
Il vantaggio di "aprire" un'attività in franchising è sostanzialmente la riduzione del rischio. La formula, infatti, già verificata e verificabile (basta fare un giro nei centri commerciali o centri storici per capire di cosa stiamo parlando), fa si che il franchisor "serio" abbia eliminato gran parte dei difetti legati al lancio del nuovo prodotto. Così il pericolo per il franchisee è ridotto al minimo. Esso impara a svolgere l'attività velocemente, senza incorrere in tutti quei problemi di chi si affaccia per la prima volta sul mercato. Molto spesso c'è anche la possibilità di poter operare in "conto vendita", con la consegna della merce in anticipo e il relativo pagamento solo dopo averla venduta.
Un franchisee ha inoltre "le spalle coperte" da una vasta organizzazione che unisce le risorse, particolarmente nel campo della pubblicità e del marketing, dove ogni franchisee, contribuendo un po' (con quella percentuale di cui accennato in precedenza), può avere il beneficio di un grande budget. I franchisee sono quindi in grado di promuovere i propri prodotti e servizi su media nazionali, che sarebbero altrimenti del tutto inaccessibili in termini finanziari.
In molti casi i franchisee hanno l'esclusiva territoriale e questo, in effetti, gli dà il monopolio sull'area a loro destinata.
Ovviamente, dato che il mio mestiere non è quello di erigere un monumento alle virtù del franchising o farne un'apologia, è bene chiarire due o tre questioni con quelli che possiamo definire punti di debolezza della formula.
Superando i già citati costi di ingresso, e la "percentuale", che tutto sommato sono funzionali al sostegno ricevuto, possiamo dire che:
- l’affiliato non può decidere la politica commerciale da intraprendere ma deve sottostare "pazientemente" a quella che gli viene impartita;
- il franchisee è pur sempre un imprenditore autonomo e i rischi, seppure minori rispetto ad una qualsiasi attività commerciale non facente parte di una rete, ci sono e se li "accolla" totalmente;
- durata del contratto: alla sua scadenza l’affiliato potrebbe correre il rischio, che dopo aver avviato l’attività, per l'uscita dal business del franchisor, di vedere preclusa ogni possibilità di proseguire con essa (mi viene in mente un'attività che viene ancora promossa in internet e che riguardava la distribuzione di acqua potabile per gli uffici, cui non mi va di avventurarmi..).
Dopo aver parlato, a grandi linee, dei pro e i contro, passiamo all'obiettivo principale di questo post, ovvero far sapere che, anche per attività di questo genere, è possibile ottenere contributi dallo Stato, divisibili tra spese di gestione e spese di investimento, di cui una parte anche a fondo perduto. Era il 2004 quando fu lanciata per la prima volta la formula "franchising" nell'ambito delle attività finanziabili dalla Legge 608 del 1996, ed allora i marchi affiliati erano meno di 5 (mi ricordo Tuo Discount e una catena di negozi di accessori e moda femminili). Oggi il numero di franchisor che aderiscono all'offerta sono circa una ventina. Il campo di attività di questo sistema è molto vasto, svariando dalla ristorazione alle attività turistiche e del tempo libero, dalla stampa e riproduzione rapida di fotografie agli istituti di bellezza e ai parrucchieri, dai servizi di consulenza professionale agli istituti di istruzione e formazione, dall’intermediazione immobiliare all'autonoleggio. Alcuni anche famosissimi:


(la lista completa è presente sul sito Invitalia).
La domanda è presentabile on-line ma poi bisogna compilare in forma cartacea i relativi allegati. Può accedere al beneficio chi è maggiorenne, non occupato e residente nel territorio nazionale alla data del 1 gennaio 2000. Inoltre può presentare la domanda non solo chi vuole avviare una ditta individuale (dunque non ancora costituita) ma anche la società già costituita (rispondente, però, a determinati requisiti).
Le agevolazioni previste sono:
- per gli investimenti un contributo a fondo perduto e un mutuo a tasso agevolato, che può anche arrivare a coprire il 100% degli investimenti ammissibili;
- per la gestione un contributo a fondo perduto, anche su base pluriennale, sulle spese ad essa relative. L'entità di ciascuna singola agevolazione non è predefinita, ma è il risultato di un calcolo che tiene conto dell'ammontare degli investimenti e delle spese di gestione nonché delle caratteristiche del mutuo a tasso agevolato (durata, entità e tasso) che si intende richiedere. Il mutuo è restituibile in 7 anni, con rate trimestrali. Bisogna tener conto, anche in questo caso, dei requisiti già evidenziati in precedenza per il lavoro autonomo ovvero la coerenza tra il profilo del proponente e l'idea imprenditoriale, la fattibilità tecnico-economica dell'iniziativa e l'immediata cantierabilità del progetto che rimangono imprescindibili per l'ammissione alle agevolazioni. Tuttavia, non ci si può fermare qui, in quanto a questi vanno sommati gli altri requisiti specificamente richiesti dal franchisor e che a volte possono essere anche molto restrittivi. Ci si riferisce a tutta una serie di caratteristiche personali (possesso di attestati, iscrizioni ad albi professionali, tipo di istruzione, particolari doti, attitudini o competenze), geografiche (posizionamento, bacino di utenza, popolazione) o, ancora, caratteristiche particolari dell'attività (es. numero di persone che devono essere sempre presenti nel punto vendita, ecc.) e per le quali si rimanda allo specifico fornitore.