Prudente. Uomo che crede al 10% di ciò che sente, ad un quarto di ciò che legge e alla metà di ciò che vede.




venerdì 23 marzo 2012

Aperta la campagna iscrizioni al 5 per mille


Si avvicina il periodo delle dichiarazioni dei redditi e, con questo, la possibilità di destinare una parte delle imposte pagate ad enti ed organizzazioni aventi finalità sociale e non lucrative.
Per questo motivo, dal 21 marzo 2012, è stata aperta, da parte dell'Agenzia delle Entrate la campagna di iscrizione telematica negli elenchi dei beneficiari del contributo del 5 per mille per l'anno 2012, per quelle categorie di enti e associazioni che possono accedere a tale beneficio.
Anche quest'anno i contribuenti possono destinare una quota pari al cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche a sostegno delle stesse categorie di soggetti e con le medesime modalità stabilite per gli anni precedenti.
Le novità di quest'anno: tra le attività che possono essere finanziate con la quota del cinque per mille dell’Irpef, vi rientrano a partire dal 2012 anche quelle di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici e quegli enti che pur non avendo assolto in tutto o in parte gli adempimenti richiesti per l’ammissione al contributo entro i termini di scadenza, siano tuttavia in possesso dei requisiti sostanziali e provvedano a presentare la domanda di iscrizione e a effettuare le successive integrazioni documentali entro il 30 settembre.
Dal lato dei contribuenti, chiunque voglia destinare il contributo ad un particolare ente inserito negli elenchi dei destinari del 5 per mille, dovrà munirsi del codice fiscale dell'organizzaione e firmare l'apposito consenso in dichiarazione.
Si ricorda che la destinazione del 5 per mille, insieme a quella dell'8 per mille, non comporta un aggravio di costi per il contribuente e con un piccolo gesto è possibile apportare benefici ad enti che, nel silenzio, lavorano per apportare miglioramenti nel nostro territorio.
Non sprechiamolo.
Studio Fiscale Li Gioi

Mediazione civile, si allarga la tipologia di controversie obbligatorie




La mediazione civile obbligatoria, introdotta dal D. Lgs. n. 78/2010, è l'istituto che permette di risolvere una controversia tra due soggetti, senza adire gli organi giudiziari, attraverso la presenza di un soggetto terzo, il mediatore, che cerca di fare da "paciere", suggerendo le possibili soluzioni al fine di raggiungere un accordo. Istituto tipico di altri ordinamenti, dalla sua introduzione in Italia, ha visto man mano ampliarsi le materie interessate.La mediazione, obbligatoria dal 21/03/2011 per liti riguardanti: diritti reali (distanze tra costruzioni, usufrutto, ecc.); successioni, divisioni e patti di famiglia; locazione, comodato e affitti d'azienda; risarcimento danni per responsabilità medica e diffamazione a mezo stampa o altro materiale pubblicitario; contratti assicurativi e bancari, è stata estesa a far data del 20/03/2012 alle liti condominiali e risarcimento danni derivanti dalla circolazione di veicoli a motore.

Il tentativo di conciliazione si introduce con una domanda in carta semplice, fatta da una delle parti interessate, ad un Organismo di Conciliazione, pubblico o privato.

Gli oneri della mediazione spettano alle parti e sono fissate per legge, se il tentativo di conciliazione avviene di fronte ad un organismo pubblico; seguono, invece, il tariffario liberamente stabilito dall'organismo di natura privata.

Il tentativo di mediazione, e qui sta il vantaggio dell'istituto, deve chiudersi in appena 4 mesi, che sono nulla se confrontati ai tempi della giustizia civile.

Si fa presente, poi, che il mancato tentativo di concilazione, nelle materie obbligatorie per legge, determina l'improcedibilità di fronte al giudice e, qualora la pronuncia giudiziaria, corrisponda alla proposta fatta dal mediatore, e ingiustificatamente non accettata, le spese del processo saranno a carico della parte che ha rifiutato la soluzione conciliativa.



Studio Fiscale Li Gioi

mercoledì 21 marzo 2012

Siracusa, spaghetti "al nero" di seppia ..e di ricevute!





E' del 21 marzo 2012 un comunicato stampa dell'Agenzia delle Entrate sulla scoperta di un'evasione da oltre 800mila euro consumata in un noto ristorante di Siracusa. Il meccanismo evasivo scoperto seguiva un copione piuttosto semplice, quello di rilasciare ai clienti i cosiddetti "conti ristorante" invece di "scontrini" e "ricevute", documenti, dunque, privi di qualsiasi rilevanza ai fini impositivi.
Si è scoperto che, a fronte di quasi 4.000 "conti ristorante", le ricevute fiscali emesse risultavano non più di 500.
La segnalazione che ha fatto scattare la verifica è partita da un cliente del rinomato locale della riviera siracusana, le cui specialità sono piatti a base di pesce.
Dal controllo effettuato sulle fatture passive, inoltre, le quantità di pesce fresco, frutti di mare, crostacei e altre materie prime acquistate, risultavano modeste rispetto ai "conti ristorante" emessi e in alcuni mesi dell’anno addirittura pari a zero.
I funzionari dell’Agenzia delle Entrate, non potendo risalire al reale consumo di materie prime, hanno pertanto ricostruito i ricavi non dichiarati, per un ammontare totale di oltre 800mila euro, attraverso il metodo induttivo denominato "tovagliometro". Questo sistema si fonda sul conteggio del numero di tovaglioli portati in lavanderia, indice dei coperti e, quindi, degli incassi del ristorante.
Si dovranno aspettare, adesso, i quasi certi ricorsi nelle Commissioni Tributarie competenti e i diversi gradi di giudizio, per vedere se le ragioni delle Fiamme Gialle verranno confermate. Quello che si vuole sottolineare, in questa sede, è il cambiamento della coscienza del comune cittadino nei confronti dei "furbetti", segno che la crisi e i sacrifici cui siamo chiamati in questi giorni sta ormai azzerando quella tolleranza che ha, per troppi anni, pervaso la società italiana.


Li Gioi Giovanni

Studio Fiscale Li Gioi

venerdì 13 gennaio 2012

Limiti all’uso del contante: durissime le sanzioni per chi non si adegua

Il D.L. 201 del 6 dicembre 2011, nell’ambito di una serie di misure volte alla lotta all’evasione, introduce alcune novità volte a limitare ulteriormente l’utilizzo del contante o a mezzi ad esso assimilati per le transazioni.
In particolare, è stato disposto il divieto di pagamento in contanti per importi complessivamente pari o superiori a € 1.000[1] tramite:
- denaro;
- libretti di deposito bancari o libretti postali al portatore;
- titoli vari al portatore.

Il rilascio di assegni circolari, vaglia postali e cambiari, senza clausola di non trasferibilità non scompaiono ma, purché di importo inferiore ad € 1.000, possono ancora essere richiesti, per iscritto, dietro versamento di un imposta di bollo pari ad € 1,50 per ciascun modulo.

Sanzioni. Ai predetti limiti, fa oggi seguito un pesante apparato sanzionatorio disciplinato
dall’art. 58 del D.Lgs. n. 231/2007 in base all’importo della transazione.

Pagamento in Contanti:
- dall’1% al 40% dell’importo trasferito nel caso di transazioni fino a € 50.000;
- dal 5% al 40% per importi trasferiti superiori a € 50.000
fermo restando una sanzione minima di € 3.000 indipendentemente dall’importo della
trasgressione.

Pagamento con assegni bancari o postali di importo superiore a € 1.000 ovvero assegni circolari, vaglia postali o cambiari senza indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e/o senza clausola di non trasferibilità; di assegni all’ordine non girati direttamente alla banca o alle Poste per l’incasso, anche in questo caso:
- dall’1% al 40% fino a € 50.000;
- dal 5% al 40% per importi trasferiti superiori a € 50.000 fermo restando una sanzione minima di € 3.000 indipendentemente dall’importo della trasgressione.
N.B. La sanzione non è applicabile solo al soggetto che ha effettuato il pagamento (cliente), ma anche a colui che ne ha ricevuto le somme per contanti (professionista, lavoratore autonomo, società, ecc.).

INOLTRE, alcuni soggetti (banche, commercialisti, ecc.) hanno l’obbligo di comunicare al Ministero dell’Economia e delle Finanze/Agenzia delle Entrate le operazioni oltre i limiti di cui avranno contezza nello svolgimento della propria attività.

In caso di mancata “segnalazione” anche tali soggetti saranno perseguibili, tramite l’applicazione di una sanzione dal 3% al 30% (con un minimo di € 3.000) dell’importo della transazione.

MORATORIA DELLE SANZIONI FINO AL 31/01/2012
In sede di conversione in legge del D.L. 201 del 6 Dicembre 2011, è stato previsto che per le transazioni avvenute in contanti, tra il 6/12/2011 ed il 31/01/2012, di importo superiore a mille euro non verrà applicata alcuna sanzione, purchè non si sia superato il vecchio limite di € 2500.
Lo scopo è di dare ai diversi operatori il tempo di adeguarsi ed avere un lasso di tempo più lungo per familiarizzare con le nuove limitazioni.

[1] Si fa presente che già ad Agosto 2011, nell’ambito di una delle tante manovre estive, il limite all’utilizzo del contante era stato portato già ad € 2.500.
Studio Fiscale Li Gioi

lunedì 19 dicembre 2011

Omaggi natalizi: trattamento fiscale dei beni non oggetto dell'attività dell'impresa

Con l’approssimarsi delle festività natalizie pare opportuno riesaminare le problematiche fiscali connesse alla consuetudine di concedere degli omaggi ai clienti e ai dipendenti dell’azienda. Il trattamento fiscale degli omaggi varia a seconda che i beni rientrino o meno nell’oggetto dell’attività esercitata e che gli stessi siano destinati ad un cliente oppure a un dipendente dell’impresa.

Beni non oggetto dell’attività d’impresa.
Gli omaggi di beni la cui produzione o commercio non rientra nell’attività tipica dell’impresa costituiscono spese di rappresentanza a prescindere dal valore unitario o dal relativo costo.
Omaggi concessi ai clienti

Aspetti iva. Ai sensi dell’art. 19-bis1, c. 1, lett. h), DPR 633/1972, la detrazione dell’IVA corrisposta per l’acquisto di beni omaggio (costituenti spese di rappresentanza), è collegata al costo dei singoli beni.

Beni di costo unitario pari o inferiore a € 25,82 l' IVA è detraibile

Beni di costo unitario superiore a € 25,82 l'IVA è indetraibile

E' detraibile, in particolare, anche l’imposta corrisposta per l’acquisto di alimenti e bevande (ad esempio, omaggi di vino, spumante, panettoni) destinati alla successiva cessione gratuita, se di costo unitario non superiore a € 25,82. La successiva cessione gratuita è un’operazione esclusa da IVA ai sensi dell’art. 2, c. 2, n. 4), DPR 633/1972, e non richiede, pertanto, l’emissione di alcun documento fiscale (fattura, ricevuta, ecc.) anche se è prassi consolidata emettere un DDT (con causale “omaggio”) per certificare l’identità del destinatario e dimostrare l’inerenza della spesa rispetto all’attività aziendale.

Aspetti reddituali. I costi sostenuti per l’acquisto dei beni omaggio (rientranti tra le spese di rappresentanza ex art. 108, c. 2, TUIR), sono deducibili nell’anno di sostenimento, secondo le seguenti regole.

Beni di costo unitario pari o inferiore a € 50 sono interamente deducibili

Beni di costo unitario superiore a € 50 risultano limitati e proporzionati ai ricavi dell’impresa

Infatti, per i beni di costo unitario superiore a € 50 e per le prestazioni gratuite di qualsiasi importo (nonché per i titoli rappresentativi delle stesse, ad esempio, l’omaggio di una tessera per fruire dei servizi di un centro benessere) la deducibilità va rapportata ai ricavi dell’impresa, in particolare:
- per ricavi fino a € 10 milioni la deducibilità è pari all' 1,3%
- per la parte eccedente € 10milioni e fino a € 50 milioni, la deducibilità è pari allo 0,5%
- per la parte eccedente € 50 milioni la deducibilità è dello 0,1%

La quota di spese di rappresentanza eccedente i predetti limiti è interamente indeducibile.

In tema di spese di rappresentanza giova segnalare che il DM 19.11.2008 considera inerenti all’attività d’impresa (e, quindi, potenzialmente deducibili) le spese:
1) effettivamente sostenute e documentate;
2) effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni;
3) sostenute coerentemente con pratiche commerciali di settore o con criteri di ragionevolezza in funzione dell’obbiettivo di generare, anche potenzialmente, benefici economici per l’impresa.

N.B. DISPOSIZIONI COMUNI. Se l’omaggio è costituito da più beni in un’unica confezione di costo complessivo superiore a € 25,82 per l’IVA e a € 50 per le imposte sui redditi, è necessario tener conto del costo dell’intera confezione, considerando indetraibile l’IVA e destinando la quota di costo al monte delle spese di rappresentanza (da confrontare con il tetto massimo definito dalla percentuale dei ricavi dell’attività caratteristica), anche se il costo dei singoli beni costituenti la confezione è singolarmente inferiore a tale limite.
Occorre inoltre evidenziare che a causa del disallineamento tra le due soglie previste ai fini delle imposte dirette (€ 50) e dell’IVA (€ 25,82), l’indetraibilità dell’imposta fa sì che questa divenga un costo in sede di determinazione del reddito d’impresa. Di conseguenza, ai fini dell’integrale deduzione del costo di acquisto dell’omaggio, l’imponibile IVA in sede di acquisto non può essere superiore a:
IMPONIBILE ALIQUOTA IVA
€ 48,08 per l’iva al 4%
€ 45,45 per iva al 10%
€ 41,32 per iva al 21% (in vigore dal 17.9.2011)
€ 41,67 per iva al 20% (in vigore sino al 16.9.2011)

Omaggi ai dipendenti

Aspetti iva. Con RM n. 666305/1990, il MEF ne ha escluso il requisito dell’inerenza con l’attività dell’impresa, oltre a non annoverarli nella categoria delle spese di rappresentanza. Pertanto, l’IVA assolta sugli acquisti di tali beni risulta indetraibile indipendentemente dal costo di acquisto.
Dunque, per gli omaggi ai dipendenti l' IVA è sempre indetraibile indipendentemente dal costo di acquisto del bene

La successiva cessione gratuita è esclusa da IVA ai sensi dell’art. 2, c. 2, n. 4), DPR 633/1972, e non richiede l’emissione di alcun documento fiscale (fattura, ricevuta, ecc.).

Aspetti reddituali. Sotto l’aspetto delle imposte dirette il costo di acquisto dei beni in omaggio ai dipendenti è sempre deducibile. Infatti, come previsto dall’art. 95, c. 1, TUIR, le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili nella determinazione del reddito comprendono anche quelle sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori.
L’unica (eventuale) limitazione è costituita dalla previsione recata dall’art. 100, c. 1, TUIR, che considera gli omaggi erogati con gli scopi di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, deducibili dal reddito d’impresa per un ammontare non superiore al 5‰ delle spese per prestazioni di lavoro dipendente.
Ad eccezione di tale previsione non si rinvengono quindi le problematiche di parziale deducibilità connesse con la classificazione delle spese tra quelle di rappresentanza.

Gli omaggi ai dipendenti sono interamente deducibili a prescindere dal costo di acquisto

Attenta considerazione meritano invece i riflessi fiscali che si verificano in capo al dipendente che riceve l’omaggio.

RIFLESSI FISCALI IN CAPO AL DIPENDENTE

Ai sensi dell’art. 51, c. 1, TUIR, concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente: “i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.” Pertanto, a seguito della soppressione della lettera b) dell’art. 51, c. 2, TUIR, gli omaggi natalizi e le altre erogazioni liberali, concesse in occasione di festività o ricorrenze ai dipendenti, sono imponibili in capo agli stessi.
Tuttavia, con CM n. 59/E/2008, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che le erogazioni liberali concesse ai dipendenti (anche in occasioni diverse dalle festività e dalle ricorrenze) possono ancora essere detassate qualora ricorrano le condizioni di applicabilità della franchigia da fringe benefit ex art. 51, c. 3, TUIR.
L’art. 51, c. 3, TUIR, esclude dalla formazione del reddito il valore normale dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore a € 258,23 nel periodo di imposta.
Pertanto, affinché gli omaggi non costituiscano materia imponibile in capo al dipendente, è indispensabile che nel corso del medesimo periodo d’imposta, allo stesso dipendente, non vengano erogati omaggi per un valore complessivo superiore alla soglia di € 258,23.
Attenzione, nel calcolo della soglia di € 258,23 vanno cumulate anche le altre voci riconducibili alla fattispecie in esame (ad esempio, fringe benefit autoveicoli e cellulari, polizze assicurative extraprofessionali, ecc.).
Si noti inoltre che se il limite di € 258,23 viene superato, l’intero valore concorre a formare la base imponibile.
È, quindi, necessario verificare, per ciascun dipendente o collaboratore, l’ammontare della franchigia ancora disponibile.
Si evidenzia infine che le erogazioni liberali in denaro concorrono sempre a formare reddito in capo al dipendente.

Aspetti Irap

I costi sostenuti per l’acquisto di beni da destinare ad omaggio dei dipendenti rientrano tra i “costi del personale”. Tale categoria di costi non è deducibile ai fini IRAP.
In buona sostanza, i costi sostenuti per l’acquisto di beni omaggio per i dipendenti, sono indeducibili ai fini IRAP indipendentemente dalla natura giuridica del datore di lavoro e dalla metodologia di calcolo adottata (metodo di bilancio o fiscale).

Omaggi ai dipendenti sempre indeducibili

Fanno eccezione gli omaggi di beni e servizi destinati a dipendenti e collaboratori per lo svolgimento dell’attività lavorativa, i cui relativi costi sono deducibili nella misura in cui costituiscono spese funzionali all’attività di impresa e non assumo natura retributiva per il dipendente o collaboratore.
Studio Fiscale Li Gioi

mercoledì 23 novembre 2011

Il nuovo Governo riduce l'acconto Irpef per il 2011


Un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri datato 21 novembre 2011 e, in corso di pubblicazione, dispone la riduzione di 17 punti percentuali dell`acconto d`imposta per l`Irpef da versare entro mercoledi` 30 novembre2011.
Ai contribuenti che alla data di pubblicazione del decreto avessero gia`provveduto al pagamento dell`acconto (determinato in misura pari al 99% dell`imposta dovuta per l`anno 2010) competera` un credito d`imposta utilizzabile in compensazione, pari al maggior importo versato rispetto allanuova misura (82% dell`imposta dovuta per l`anno 2010).
Trattandosi di versamento a titolo d`acconto, la riduzione si traduce in un differimento del pagamento del dovuto al momento del saldo che non comporta, quindi, risparmi sul pagamento delle tasse ma solo uno spostamento all'anno prossimo della differenza ma che, in un periodo come quello di novembre, già ricco di scadenze, non può che essere salutato come positivo.
Li Gioi Giovanni
Studio Fiscale Li Gioi

martedì 18 ottobre 2011

I sospetti del fisco si spostano sui conti dei “vicini”


Con sentenza di qualche giorno fa, la Corte di Cassazione è tornata, con una nuova pronuncia sul tema delle indagini bancarie e la forza presuntiva dei risultati ottenuti.
Al centro della vicenda una verifica condotta dalla Guardia di finanza a carico di una società a ristretta base familiare. I militari, rilevavano in primo luogo l’inesistenza di un conto corrente intestato alla società stessa, campanello d’allarme che, unitamente alla natura della compagine societaria, induceva i verificatori ad allargare l’ambito di investigazione ai rapporti bancari e conti dei soggetti “vicini” alla società:
soci e familiari degli stessi. Risultato: emergevano rilevanti movimentazioni bancarie che gli stessi contribuenti non riuscivano a giustificare.
L’Agenzia delle Entrate procedeva, quindi, a emettere avviso di accertamento sulla base delle risultanze evidenziate dalle movimentazioni dei conti correnti.
La società impugnava l’avviso di accertamento le cui ragioni venivano accolte dai giudici di merito che contestano all’Amministrazione di non aver fornito la prova di un nesso tra movimentazioni dei conti e i proventi della società.
Tocca alla Cassazione, gli equivoci.
La rilevanza dei dati bancari e il sistema delle presunzioni Atteso che le indagini finanziarie costituiscono uno strumento incisivo e dai risultati ragionevolmente affidabili, perché analitici e specificamente imputabili al contribuente, ma anche un mezzo potenzialmente lesivo per la particolare invasività nella sfera soggettiva, si pone il problema, dal lato dell’Amministrazione, di individuare quando procedere con tale procedura.
L’Agenzia delle Entrate ne suggerisce l’utilizzo in presenza di gravi indizi di evasione o di soggetti altamente sospetti, quali, ad esempio, gli “Et” (evasori totali), oppure nelle situazioni in cui, a fronte di un controllo svolto con altri metodi, permanga un significativo divario tra il volume d’affari e i redditi accertati, oppure ancora quando il risultato della verifica non sia in linea con le realtà osservabili (condizioni di esercizio dell’attività, potenziale capacità reddituale, consistenza del suo patrimonio) ovvero con altri elementi di valutazione.
La bontà dei risultati aumenta se l’indagine viene allargata ai soggetti “vicini” a quello sottoposto a indagine, quali familiari o intestatari di comodo di conti la cui disponibilità rientra nella sfera del primo.
Il caso in commento è esempio efficace di questa casistica.
Pertanto, utilizzare sapientemente questo strumento significa non solo incrociare i dati dei vari conti formalmente di proprietà dell’indagato, ma soprattutto ricostruire i movimenti di entrate e uscite da e verso quelli fittiziamente intestati a terzi.
L’iter logico della pronuncia
E’ la mancata dimostrazione delle circostanze giustificative che ha comportato nel caso in questione la soccombenza del contribuente. Schematizzando:
- la rilevazione per opera dell’Amministrazione dei movimenti in entrata e uscita su conti correnti formalmente intestati a terzi, congiunti del contribuente persona fisica o dell’amministratore di società, ma connessi o collegati al reddito del contribuente, fa scattare la presunzione di ricavi non annotati;
- tale presunzione comporta l’inversion e dell’onere della prova in capo al contribuente che, pertanto, ha l’onere di reagire alle contestazioni, dimostrando che le movimentazioni rilevate “sono già state tenute in conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta” o “non sono rilevanti per il reddito stesso”.
Nel caso di specie, vi è poi un elemento significativo che gioca contro l’inerzia del contribuente che non contesta la presunzione: la cospicua entità delle movimentazioni stesse. La Corte, infatti, sottolinea che, come aveva già avuto modo di rilevare in passate pronunce, quando le movimentazioni sono consistenti, se gli amministratori o i terzi non danno una valida giustificazione alle entrate e uscite rilevate non è possibile superare la presunzione di ricavi non annotati.