IL TRATTAMENTO FISCALE Occorre innanzitutto distinguere tra il soggetto titolare dei contratti (che riceve e contabilizza le fatture relative alle spese comuni) e gli altri professionisti che condividono l’uso dello studio (che ricevono le fatture emesse dal primo professionista per le quote di loro competenza). Secondo l’Agenzia delle Entrate: “Ai fini reddituali, le somme rimborsate dagli altri utilizzatori comportano una riclassificazione in diminuzione del costo sostenuto dal professionista intestatario dell’utenza.” In altri termini, detti rimborsi non costituiscono per il percipiente componenti positivi di reddito ma minori costi di gestione dati dalla differenza tra i costi sostenuti ed i rimborsi percepiti. Tale impostazione comporta, tra l’altro, che le somme rimborsate non costituiscano un compenso” per il professionista, con la conseguenza che le stesse non sono da assoggettare a ritenuta di acconto. Inoltre, le somme incassate a titolo di rimborso risultano ininfluenti anche ai fini degli studi di settore. I costi sostenuti costituiscono componenti negative (deducibili all’atto del pagamento) solo per la quota che rimane a carico del professionista (ossia, per la quota di sua competenza). Relativamente ai contributi previdenziali da addebitare in fattura, gli stessi non devono essere sicuramente indicati per i soggetti iscritti alla Gestione Separata INPS (la rivalsa, infatti, è facoltativa). Per quanto riguarda le casse previdenziali professionali, invece, si registra una regolamentazione piuttosto disomogenea. Ad esempio, la Cassa Nazionale Previdenza dei commercialisti, ha precisato che: “Il contributo integrativo deve essere applicato anche ai corrispettivi afferenti le parcelle emesse a puro titolo di addebito di spese.” Si consiglia pertanto di consultare la cassa di appartenenza per individuare il corretto trattamento applicabile alla fattispecie. ASPETTI IVA Con CM n. 58/E/2001, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che la fattura per il rimborso delle spese sostenute dal professionista intestatario dei contratti afferenti le spese comuni deve essere assoggettata a IVA con aliquota ordinaria in quanto riferibile a prestazioni di servizi rese dal professionista che effettua il riaddebito. Secondo il Parere n. 23/2010 della FSCL, le quote di spese riaddebitate vanno assoggettate a imposta del 20% anche nell’ipotesi di spese oggettivamente non soggette a IVA (come, ad esempio, nel caso di spese condominali). IN SINTESI In buona sostanza, il professionista intestatario del contratto di locazione o delle utenze, ai fini della ripartizione delle spese comuni e del conseguente riaddebito in capo agli altri utilizzatori deve: 1) emettere fattura con applicazione dell’IVA per la quota di spese non di propria competenza; 2) considerare le somme rimborsategli quali un minor costo sostenuto (dato dalla differenza tra i costi sostenuti ed i rimborsi percepiti), anziché un aumento dei componenti positivi di reddito. Pertanto, i compensi percepiti non trovano allocazione tra i compensi per l’attività professionale ma vanno in diminuzione dei costi sostenuti nell’attività professionale. Pare opportuno emettere le fatture di rimborso nello stesso anno nel quale vengono pagati (e quindi dedotti, in virtù del principio di cassa) i costi originari, in modo tale che l’ammontare dei costi di esercizio corrisponda alla quota di spettanza del professionista. Il destinatario delle fatture di riaddebito, ossia l’altro professionista, considera i costi esposti in fattura quali normali costi afferenti l’attività professionale, deducibili all’atto del pagamento (principio di cassa). Studio Li Gioi Associati via delle Palme 36, Ragusa 328/6973254 327/7545583 fax 0932681865 http://www.studioligioi.com/
lunedì 21 marzo 2011
La ripartizione delle spese dello studio tra professionisti non associati
Capita, tra professionisti con autonoma partita IVA e senza vincoli associativi, di condividere lo stesso studio usufruendo in comune di beni e servizi (energia elettrica, gas, acqua, locazione, assicurazioni, ecc.). L’addebito di tali spese viene generalmente imputato ad uno solo di essi, intestatario del contratto di locazione e delle utenze. Lo stesso provvede periodicamente a ripartire le spese pro quota agli altri professionisti che utilizzano lo studio. In tale ipotesi occorre individuare il corretto trattamento reddituale applicabile alla fattispecie, considerato che le somme incassate a tale titolo non costituiscono compensi riconducibili all’attività caratteristica esercitata dal professionista e, pertanto, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro autonomo. La questione è stata a più riprese affrontata dall’Agenzia delle Entrate (CCMM nn. 58/E/2001 e 38/E/2010) e dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro (Parere n. 23/2010). Nel caso di uno studio associato la problematica non si pone in quanto l’associazione tra professionisti costituisce un soggetto unico anche ai fini fiscali.
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